Avvocato Luigi Zaccaria
Avvocato Luigi Zaccaria

Il trust
L. Zaccaria (Approfondimento 5/9/2011)

 

Sommario: 1. Premessa - 2. Lineamenti del trust. - 3. La declaratoria di nullità del trust in quanto trust sham. - 4. La revocabilità ex art. 2901 dell'atto di dotazione del trust. - 4.1. La revocatoria ex art. 2901 c.c. - 4.2. Atto istitutivo e atto di conferimento. - 4.3. I soggetti dell'azione. - 4.4. L'estensione degli effetti della dichiarazione di inefficacia dell'atto di dotazione su successivi eventuali atti di vendita posti in essere dal trustee. - 5. Conclusioni.

IL TRUST

1. Premessa

L'istituto del trust le cui finalità possono essere incredibilmente ampie, viene utilizzato sempre più frequentemente in maniera distorta ed abusiva al solo fine di protezione patrimoniale.
La istituzione di un trust con successivo conferimento di beni immobili nel medesimo viene quindi posta in essere al fine esclusivo di sottrarre ai creditori le garanzie di cui all'art. 2740 c.c.
In tali casi è possibile esperire due tipi di azione a tutela delle ragioni del creditore del disponente a seconda delle caratteristiche dell'atto istitutivo.
Si tratta dell'azione volta a far dichiarare il trust come "sham" e quindi volta alla declaratoria di nullità dell'atto istitutivo del trust, e l'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. volta a far dichiarare inefficaci nei confronti del creditore del disponente gli effetti del conferimento ed eventualmente dei successivi atti dispositivi posti in essere dal trustee.

2. Lineamenti del trust

Il trust è un istituto di origine anglosassone introdotto in Italia con la legge 16 ottobre 1989, n. 364 che ha operato la ratifica della Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, e si sostanzia in un negozio giuridico fondato sul rapporto di fiducia tra disponente (settlor) e trustee.
Lo schema tipico prevede che il settlor (colui che istituisce il trust) vi trasferisce beni di sua proprietà, designando un trustee che li amministra, secondo lo scopo ed i fini del trust, nell'interesse dei beneficiari che sono individuati in sede di costituzione del trust o in un momento successivo, ovvero per uno scopo prestabilito.
Spesso, viene poi designato un guardiano la cui funzione è quella di vigilare sul corretto operato del trustee. Tale figura tuttavia è solo eventuale.
Sono tuttavia possibili alcune variazioni che si discostano anche in modo considerevole dallo schema tipico appena visto.
Nel caso del molto discusso "trust autodichiarato", ad esempio, il disponente nomina se stesso quale trustee e pertanto, in tal caso, non c'è alcun trasferimento di beni. La segregazione patrimoniale opera nel patrimonio del disponente stesso i cui beni conferiti in trust rimangono segregati (e pertanto non sono possono essere aggrediti dai suoi creditori personali) rispetto al restante patrimonio che invece può essere aggredito dai creditori personali.
Va detto che, sebbene tale tipo di trust è ormai considerato legittimo dalla giurisprudenza maggioritaria, lo stesso presta il fianco a critiche per la evidente possibilità di celare simulazioni o trust istituiti ad esclusivo fine di protezione patrimoniale.
Il disponente può affidare al trustee beni di qualsiasi natura, sia mobili che immobili: dal denaro agli strumenti finanziari, dagli immobili alle partecipazioni sociali . Il ruolo del trustee, normalmente è quello di gestire ed amministrare i beni per poi devolverli ai beneficiari, tuttavia il trustee, se previsto dall'atto istitutivo, può anche disporre dei beni per ricavarne altre utilità.
Come visto, l'effetto principale dell'istituzione di un trust è la cosiddetta segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato e autonomo rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari. Di conseguenza tali beni non potranno essere escussi dai creditori di tali soggetti.
Il trust, in questo modo, emerge come un istituto nuovo che tuttavia realizza effetti simili a quelli che nel nostro ordinamento venivano realizzati tramite altri istituti tra i quali, in primis, il fondo patrimoniale.
Ciò che è nuovo è però la adattabilità del trust agli scopi più svariati, contrariamente a quanto invece avviene per il fondo patrimoniale laddove i beni vengono destinati ai sensi dell'art. 167 c.c. "a far fronte ai bisogni della famiglia".
Il trust infatti si presta ad usi molto più ampi rispetto al fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. Solo a titolo esemplificativo, infatti, a mezzo di un trust si potrebbe creare una struttura che realizza gli effetti di un fondo patrimoniale tra due soggetti non coniugati, ma altre applicazioni si possono avere in diritto societario soprattutto per la trasmissione generazionale delle imprese, o ancora in materia di tutela degli incapaci evitando di esporre il soggetto da proteggere a procedura giudiziali per la nomina di un amministratore di sostegno, di un tutore o di un curatore, limitandosi a nominarlo beneficiario di un trust e conferendo nello stesso i beni che si vogliono destinare al medesimo.
Così come previsto nella Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, ratificata nel nostro ordinamento con legge 16 ottobre 1989, n. 364, gli elementi essenziali caratterizzanti i trust sono i seguenti:
1. la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari (c.d. segregazione patrimoniale);
2. l'intestazione dei beni medesimi al trustee che però non acquisisce tali beni al suo patrimonio personale dovendo mantenerli separati;
3. il potere-dovere del trustee di amministrare ovvero disporre dei beni secondo quanto stabilito nell'atto istitutivo del trust.

3. La declaratoria di nullità del trust in quanto trust sham

Un primo tipo di azione a tutela dei creditori del settlor è quella tesa a far dichiarare nullo l'atto istitutivo del trust in quanto il medesimo si configura come sham.
Ciò è possibile ogni qualvolta la struttura del trust si appalesa tale da non realizzare quella uscita dei beni dalla disponibilità del settlor che è insita nella struttura dell'istituto così come previsto dalla Convenzione dell'Aja del 01.07.85.
E' infatti frequente che il settlor, al solo fine di protezione patrimoniale, crei un struttura ad hoc volta a spossessarlo dei beni conferiti solo fittiziamente, mentre in realtà, per l'influenza e le continue intromissioni nelle decisioni del trustee, è come se i beni conferiti in trust non fossero mai usciti dal suo patrimonio, potendo il medesimo disponente continuare a goderne come se non se ne fosse mai privato ed ottenendo, allo stesso tempo, il risultato di impedire ai suoi creditori di aggredirli!!!
Va osservato in particolare come sul punto già l'Agenzia delle Entrate abbia esaminato la fattispecie, seppure da un punto di vista prettamente fiscale, asserendo nella circolare n. 61/E del 27.12.10: "…il riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico dei trust costituiti sulla base della legislazione interna di uno Stato estero, nonché di quelli "atipici" costituiti in Italia, non opera in ogni caso, bensì soltanto ed esclusivamente per quelli riconosciuti come tali ai sensi della citata Convenzione. Più precisamente, viene riconosciuta la validità giuridica solo agli istituti connotati dagli elementi distintivi che caratterizzano i trust come sopra elencati. In sostanza, quindi, i beni facenti parte del patrimonio del trust non possono continuare ad essere a disposizione del disponente né questi può in nessun caso beneficiare dei relativi redditi.
Non possono, quindi, essere considerati validamente operanti, sotto il profilo fiscale, i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni dei redditi. …Se, pertanto, il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall'atto istitutivo del trust ma anche da elementi di mero fatto e non si verifica, quindi, il reale spossessamento di quest'ultimo, il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell'imposizione dei redditi da esso prodotti.
Come anche precisato nella circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009, sono da ritenere inesistenti in quanto interposte le seguenti tipologie di trust:
- trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o a vantaggio di terzi;
- trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento sé stesso come beneficiario;
- trust in cui il disponente (o il beneficiario) risulti, dall'atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in forza dell'atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso;
- trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando sé stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto "trust a termine");
- trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee;
- trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e dal reddito da questo generato;
- trust in cui il disponente può modificare nel corso della vita del trust i beneficiari;
- trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati;
- ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari."
Ora seppure tali osservazioni nascono in ambito fiscale, certamente possono essere prese come spunto al fine di accertare la nullità dell'atto istitutivo di un trust posto in essere al solo fine di protezione patrimoniale.
A parere di chi scrive, la presenza di tali circostanze fa sì che il trust possa essere qualificato come "trust sham".
Tale termine sta ad indicare la situazione in cui le parti pongano in essere un atto costitutivo di trust senza volerne gli effetti. Trattasi evidentemente di un concetto che si avvicina alla nostrana definizione di simulazione.
Ebbene, come argomentato da illustre dottrina, "Gli effetti del riconoscimento di un determinato trust come sham comportano la nullità, intesa come inefficacia, del trust stesso; il trustee viene così inteso non più quale trustee di quel determinato trust, bensì quale trustee a favore del disponente stesso dal cui patrimonio, di fatto, il fondo non si ritiene mai uscito ed al quale il trustee è così tenuto a rimetterlo…." . (Trust - applicazioni nel diritto commerciale e azioni a tutela dei diritti in trust. vol. II Giappichelli Editore - seconda edizione 2010, pag. 451 e ss).
Si osserva ancora come la più recente giurisprudenza anglosassone ha affermato il principio per il quale un trust può essere dichiarato sham qualora vi sia stato il comune intendimento delle parti (disponente e trustee) di non aver voluto effettivamente il trust che invece hanno posto in essere ed in maniera tale, invece, da far ritenere che il fondo sia destinato in via assoluta al disponente ed a sua completa disposizione.
Pertanto in tali casi è chiara la possibilità di ottenere una declaratoria di nullità ovvero inefficacia dell'atto istitutivo di trust con conseguente travolgimento di tutti gli atti di conferimento e di successiva disposizione posti in essere dal trustee.

4. La revocabilità ex art. 2901 dell'atto di dotazione del Trust.

Qualora non sia possibile far dichiarare la nullità dell'atto istitutivo del trust l'azione più opportuna a tutelare le ragioni del creditore del settlor, è evidentemente la revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.
L'art. 15 della Convenzione dell'Aja del 01.07.85 ratificata dall'Italia con L. 364/89, condiziona l'applicazione della Convenzione alla prioritaria esigenza di rispetto delle norme imperative dell'ordinamento nazionale, tra cui senza alcun dubbio deve annoverarsi il disposto dell'art. 2901 del c.c. che disciplina l'azione revocatoria ordinaria.

4.1. La revocatoria ex art. 2901 c.c.

Il disposto dell'art. 2901 c.c. stabilisce che il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni.
In particolare, perché possa essere esperita l'azione revocatoria c.d. actio pauliana, è necessaria:
• la esistenza del credito vantato dall'attore;
• un atto di disposizione con cui il debitore modifica la sua situazione patrimoniale;
• il c.d. eventus damni, ovvero il pregiudizio arrecato al creditore, consistente nel fatto che in conseguenza dell'atto di disposizione compiuto, il patrimonio del debitore divenga insufficiente a soddisfare i creditori ovvero si renda più difficile o rischioso l'eventuale soddisfacimento coattivo del credito;
• la c.d. scientia fraudis ossia la conoscenza dell'eventus damni, la consapevolezza del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore. Tuttavia con la precisazione che, se l'atto è a titolo gratuito, è sufficiente che detta consapevolezza sussista solo in capo al disponente, mentre se l'atto è a titolo oneroso è necessaria anche la partecipatio fraudis del terzo.
In particolare, in ordine alla sussistenza dell'eventus damni, si argomenta che il disposto dell'art. 2901 c.c., che disciplina l'azione revocatoria, ha la funzione di ricostituire la garanzia concessa al creditore dal patrimonio del debitore, che, con un atto di disposizione, cerca di sottrarsi all'adempimento delle obbligazioni. Si rileva all'uopo che, affinché l'atto sia considerato pregiudizievole, non è necessario che l'atto dispositivo abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, ma è sufficiente che l'atto posto in essere dal debitore determini o aggravi il pericolo della incapienza, ovvero renda più difficile per il creditore vedere soddisfatte le proprie ragioni creditorie. Il presupposto di cui si discute ricorre allorquando sia dimostrato che l'atto impugnato ha una pericolosità anche solo potenziale di rendere infruttuosa una futura esecuzione sui beni del debitore.
Ebbene è indubbio che il conferimento di immobili di proprietà del debitore all'interno di un appositamente costituito trust, rende impossibile per i creditori soddisfarsi sul suddetto bene che appare intestato ad un soggetto terzo.
Va poi osservato che spesso il conferimento appare palesemente posto in essere per impedire ai creditori di soddisfarsi sui beni. Ciò è facilmente desumibile quando il trust viene costituito solo pochi mesi o addirittura pochi giorni dopo l'assunzione del debito.
Ora, è evidente che tra gli atti lesivi della garanzia patrimoniale spettante al creditore ex art. 2740 c.c. è senz'altro ricompreso il conferimento di beni in trust che realizza uno spossessamento del debitore idoneo a ledere le garanzie patrimoniali del creditore. Come già osservato, infatti, mediante il conferimento in trust il settlor cede la proprietà del bene al trustee il quale deve amministrarlo e gestirlo secondo lo scopo prefissato nell'atto istitutivo.
Venendo ad argomentare in ordine al requisito della scientia fraudis, si osserva come la medesima sia insita nel settlor debitore che si spoglia del bene conferendolo in trust, per lo meno ogni qualvolta il debito sia antecedente alla costituzione o al conferimento. Spostando l'indagine sugli ulteriori soggetti, va detto che la costituzione di un trust non possa considerarsi a titolo gratuito in sé, ma solo in quanto ciò emerga dall'atto costitutivo.
Come già visto, infatti, ben potrebbe un trust essere costituito al fine di adempiere una obbligazione (es. Costituzione di un trust con conferimento di beni immobili e mobili affinché gli stessi siano amministrati per adempiere al pagamento di obbligazioni).
Tuttavia si osserva come spesso la natura di atto di liberalità del trust emerge in modo cristallino dall'atto costitutivo.
Ci si riferisce in questo caso a tutti quei trust che riproducono gli effetti della costituzione del fondo patrimoniale tra soggetti non coniugati (La costituzione di fondo patrimoniale è infatti atto considero a titolo gratuito dalla ormai unanime Giurisprudenza della Cassazione) ma anche i cosiddetti "trust testamentari" o i "charitable trust".
In tutti questi casi, laddove emerga la chiara natura di atto a titolo gratuito degli atti di dotazione del trust, al fine dell'esperimento dell'actio pauliana ex art. 2901 c.c., sarà sufficiente dimostrare anche per presunzioni, la sussistenza della scientia fraudis in capo al disponente debitore mentre nessuna indagine dovrà essere svolta sulla sussistenza del requisito della partecipatio fraudis in capo al trustee ovvero in capo ai beneficiari.
In particolare la Suprema Corte di Cassazione ha statuito "L'azione revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo beneficiario, trattandosi di requisito richiesto solo per la diversa ipotesi di revocatoria degli atti a titolo oneroso." (Cass. civ. n. 5072/09) ed ancora "In tema di revocatoria ordinaria, ai fini della configurabilità del consilium fraudis per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti dal debitore successivamente al sorgere del credito, non è necessaria l'intenzione di nuocere ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso (e non anche del terzo beneficiario), del pregiudizio che, mediante l'atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni.""(Cass. civ. n. 17867/07)
Pertanto al fine di ottenere una pronuncia dichiarativa dell'inefficacia dell'atto di dotazione del trust posto in essere dal debitore, è sufficiente la semplice conoscenza, cui va equiparata la agevole conoscibilità da parte del debitore, di tale pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l'azione e senza che assumano rilevanza l'intenzione del debitore di ledere la garanzia generica offerta al creditore, del suo patrimonio.

4.2. Atto istitutivo e atto di conferimento

Venendo al lato pratico della questione, uno dei dubbi che possono sorgere è relativo all'individuazione dell'atto da far dichiarare inopponibile.
Si osserva che, sebbene sia possibile che l'atto istitutivo del trust e quello di conferimento di beni nel medesimo siano condensati in un unico atto, va sottolineato come i due atti, abbiano due funzioni ben distinte. Con l'atto istitutivo si da vita al trust, mentre con l'atto di conferimento si opera una mera dotazione di beni al trust mediante il trasferimento della proprietà dal disponente al trustee.
Appare evidente come in questo caso, a differenza di quanto accedeva nel caso dell'azione esaminata al punto 3, l'atto da far dichiarare inefficace ex art. 2901 c.c. è solo l'atto di dotazione del trust posto che è solo con questo che il debitore opera lo spossessamento, mentre l'atto istitutivo del trust risulterà certamente utile per far comprendere la natura del trust ed in particolare se il medesimo sia atto a titolo gratuito o oneroso, distinzione che, come sopra si è argomentato, è di non poco conto creando una notevole discrepanza relativamente all'attività probatoria, in particolare laddove si tratti di determinare la rilevanza della scientia fraudis in capo al terzo beneficiario.

4.3. I soggetti dell'azione

Altra importante questione è relativa all'individuazione dei soggetti da convenire in giudizio nell'azione ex art. 2901 c.c.
Fuori discussione è la chiamata del debitore principale - settlor. Si ritiene che debba essere chiamato in giudizio certamente anche il trustee che è colui che ha la rappresentanza del trust e opera per il medesimo.
Discorso diverso va fatto per i beneficiari i quali invece dovranno essere chiamati in giudizio solo ed esclusivamente nel caso in cui abbiano già acquisito dei diritti. In caso contrario, la chiamata dei beneficiari non avrebbe ragione di essere.

4.4. L'estensione degli effetti della dichiarazione di inefficacia dell'atto di dotazione su successivi eventuali atti di vendita posti in essere dal trustee

La declaratoria di inefficacia dell'atto di dotazione del trust, non inficiando la regolare costituzione del trust non spiegherà necessariamente i suoi effetti su eventuali successivi atti di vendita posti in essere dal trustee ed aventi ad oggetto i beni conferiti nel trust. Non a caso spesso il trustee pone in vendita i beni conferiti dal settlor in trust reinvestendo poi le somme ricavate ed escludendo così la possibilità che i creditori personali del settlor possano aggredire i beni in questione.
Sul punto si osserva infatti che la legge tutela i terzi acquirenti quando questi siano in buona fede e pertanto, se il terzo acquirente del bene conferito nel trust risulti in buonafede, la dichiarazione di inefficacia dell'atto di dotazione del trust non potrebbe estendere i suoi effetti al successivo atto di vendita tra il trust e il terzo.
Diverso e diametralmente opposto il caso in cui il trustee venda a soggetto legato al settlor da rapporti di parentela ovvero a società partecipate dal medesimo settlor o addirittura dallo stesso trust.
In tali casi, trattandosi di una serie di atti artatamente posti in essere al fine di rendere più difficoltosa l'espropriazione dei beni conferiti nel trust, inequivocabile è la sussistenza non solo della cosiddetta "scientia damni" ma addirittura di una vera e propria "partecipatio fraudis" in capo al terzo acquirente e pertanto la tutela del suo diritto certo non potrà pregiudicare le ragioni dei creditori del settlor.

5. Conclusioni

Il trust è ormai una realtà nel nostro ordinamento e certo fingere che non esista o tentare ancora di argomentare che il trust non è compatibile con il nostro ordinamento ovvero con il sistema di garanzie di cui all'art. 2740 c.c. (come ancora fanno alcuni), non aiuterà a risolvere i problemi di coordinamento di quest'istituto che, nato nel sistema di common law, trova una qualche difficoltà di adattamento soprattutto alla luce della mancanza di una legge ad hoc.
Un conto però è riconoscere la presenza dell'istituto nel nostro ordinamento, ben altro è permettere che se ne abusi.
L'utilizzo del trust ai soli fini di protezione patrimoniale in danno dei creditori del disponente è, come si è detto, uno stratagemma utilizzato sempre più spesso e contro il quale il creditore danneggiato può reagire.
L'individuazione della azione più idonea va fatta alla luce della situazione concreta emergente dall'atto costitutivo. Sarà pertanto preferibile esperire un azione per declaratoria di nullità dell'atto istitutivo del trust in quanto il medesimo è "sham", quando il settlor si è spogliato solo fittiziamente del bene conferito, continuando ad esercitare sullo stesso un potere uti dominus emergendo in questo caso una vera e propria simulazione del trust.
Al contrario sarà preferibile promuovere un'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. qualora non ricorrano le condizioni necessarie per far dichiarare il trust come sham ma quest'ultimo appaia comunque posto in essere al fine di pregiudicare le ragioni dei creditori del settlor sempre che si possa almeno supporre la cosiddetta scientia damni in capo al disponente.

Avv. Luigi Zaccaria
Avvocato in Reggio Emilia
Mediatore per le Controversie Civili e Commerciali autorizzato dal Ministero della Giustizia

 

Fonte: http://www.praticaforense.it/pf/doc/5129321



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